|
||
Il ritorno dei Borboni a Napoli con le armate austriache è anche l'inizio di un lungo periodo caratterizzato, a parte il tentativo di ripresa dell'azione insurrezionale dei '37, dalla frattura tra Stato e società, tra monarchia borbonica e istanze di rinnovamento. E però non va trascurato che proprio nel due decenni che sembrano dominati dal ristagno del movimento liberale gli effetti dell'azione di propaganda svolta dalla Carboneria trovano riscontro nel comportamento dei governi borbonici del primo periodo post-costituzionale, che non possono ignorare, pur senza rinunciare all'impiego degli strumenti repressivi, che la Carboneria ha contribuito a diffondere nel paese "idealità costituzionali e concetti democratici", per i quali l'azione di contenimento condotta dal governi dei Ciriello, dei Medici e dei Canosa non può dirsi concluso con la pura e semplice estromissione dei settari dagli uffici e dalle scuole del regno. D'altra parte è dato registrare anche in Calabria mutamenti di una certa importanza nel corpo sociale, come "il rafforzamento del nuovo ceto borghese" (Cingari) sensibile alle istanze liberali e un certo miglioramento nelle campagne, favorito anche dalla politica demaniale borbonica, che se non incide profondamente sull'assetto generale della proprietà terriera, impone in ogni caso la dimostrazione della legittimità del possesso da parte dei proprietari, inducendo, nel casi di palese usurpazione, a nuove possibilità di uso delle terre demaniali da parte dei contadini 21 . Dopo il fallito tentativo della spedizione del Pepe nel 1830, che si aggiunge a quelli del Rosaroll a Messina e del Morice in Irpinia, la tradizione carbonarica in Calabria si accosta, più che alla Giovine Italia di Giuseppe Mazzini, alla setta denominata I Figliuoli della Giovine Italia, fondata da Benedetto Musolino. E questo il risultato delle riflessioni avviate sulle sette e sulle cospirazioni degli anni precedenti, in cui si sono ravvisati limiti funzionali e operativi che portano a cercare nuovi modi di aggregazione. Gli storici, non solo profani, divergono nella valutazione di questa nuova setta, di derivazione carbonara, secondo Oreste Dito, per ricordare "troppo da vicino il militarismo illuminato e democratico della Carboneria" 22 . Giuseppe Berti la fa sorgere nel biennio 1832-1834, mentre Franco Della Peruta la colloca decisamente nel 1834 23 . La questione dell'anno di nascita non è secondaria, in quanto una sua accettabile definizione consente di verificare la tempestività con cui il fronte d'opposizione al Borboni operante nelle società segrete reagisce al tentativi rivoluzionari del '30-31. In realtà nel 1834 l'azione di reclutamento da parte del Musolino risulta ben avviata da tempo, per cui deve essere dato il massimo credito a quanto Musolino stesso ricorda in un suo scritto: "L'idea di fondare la setta della Giovine Italia Meridionale surse in me dopo i casi infelici di Romagna del 1831" 24 . Nella stessa occasione si rafforza in lui la convinzione che solo una setta organizzata sul piano militare può condurre a fondo la battaglia contro i Borboni. Pertanto il giudizio di Oreste Dito, facente leva sul carattere militare della setta musoliniana come su quello che maggiormente attrae gli elementi dispersi dell'antica Carboneria, appare accettabile, anche se va integrato nella valutazione globale delle premesse ideali e politiche cui si ispira la nuova società segreta. In questo quadro, ancora, il Dito fa prevalere l'ascendenza mazziniana della setta del Musolino, mentre altri, come Berti, tende a negarla del tutto. Ora, non c'è dubbio che la premessa di fondo è data dal rilievo mazziniano delle insufficienze proprie della Carboneria: la scissione subita, la repressione borbonica dopo il '21 vengono analizzate e ripensate nelle loro conseguenze così come nei loro presupposti. Per Mazzini il momento critico da esaltare è quello della limitazione dell'obiettivo nazionale all'ambito territoriale meridionale oltre che l'incapacità strutturale della monarchia borbonica di accettare qualsiasi riforma costituzionale in senso democratico. Da qui la necessità di porsi l'obiettivo primario dell'unità nazionale, dell'indipendenza dallo straniero e della libertà garantita dalla repubblica. Tali premesse ricorrono anche in Musolino, e se è difficile negare almeno l'influenza mazziniana su di lui, è altrettanto difficile non riconoscere il carattere autonomo de I Figliuoli della Giovine Italia nella concezione dei riti e dei gradi inseriti nella prospettiva di quello che Musolino definisce "lo svolgimento finale del problema umanitario". Non solo quindi il problema nazionale-unitario", ma anche quello sociale sta a cuore al Musolino, che individua nelle battaglie da compiere un momento di elevazione politica, morale e sociale, per pervenire alla trasformazione della società in senso democratico ed egalitarto. Il tema sociale è invece dal Mazzini considerato privo di priorità rispetto a quello nazionale e unitario. In grande maggioranza gli ex carbonari aderiscono alla setta del Musolino, mentre l'espansione mazziniana in Calabria è del tutto trascurabile, almeno fino al 1848, anche se elementi di notevole livello intellettuale e politico sono già dalla parte del Genovese. "Ciò che in primo luogo divideva Musolino da Mazzini - nota Paolo Alatri - era il rifiuto che il primo opponeva al misticismo romantico dell'altro: Musolino aveva avuto una formazione, e conservava una mentalità, sostanzialmente illuminista, positivista, naturalistica, materialistica e ateistica" 25 , che trova conferma nelle modalità di affiliazione alla sua setta. Esistono due gradi: agli affiliati di primo grado si svelano gli scopi immediati della setta - la cacciata dello straniero, l'abbattimento dell'assolutismo, l'unità nazionale, la dittatura rivoluzionarla del partito democratico. Quelli del secondo grado, una ristrettissima élite definita "Padri della Missione Suprema" sono invece consapevoli del fine ultimo, che è una radicale trasformazione della società, "lo svolgimento -come s'è già ricordato - finale del problema umanitario". Si prevedono inoltre un Capo Supremo, residente a Roma, Dieci Consoli nelle regioni italiane, un Colonnello a capo di ogni provincia, e un Capitano per amministrare il comune. E esplicitamente richiesto che nessun affiliato sia analfabeta, forse perché il veicolo di trasmissione delle idee della setta è affidato al segno grafico essoterico e non al simboli propri dell'esoterismo. Gregorio Aracri e Luigi Settembrini sono tra i primi ad aderire da Catanzaro alla setta del Musolino, mentre da Cosenza si accosta Raffaele Anastasio e da Reggio Girolamo Arcovito. Nel '37 si tenta la prova dello scontro con i Borboni. L'esperimento però, non autorizzato, fallisce, anche per una delazione e i principali capi vengono in seguito arrestati. Musolino stesso è imprigionato a Napoli nel maggio del '39, e dopo di lui il fratello Pasquale, Luigi Settembrini, Saverio Bianchi, Raffaele Anastasio, Nicola Ricciardelli. L'arresto del Musolino segna la fine della setta, e l'opposizione ai borboni resta affidata a tentativi generosi ma non bene organizzati, che portano alle dure condanne della Gran Corte Criminale di Cosenza per i fatti del marzo '44, alla fucilazione dei fratelli Bandiera, alla repressione seguita ai moti di Reggio Calabria nel '47. E tuttavia durante queste prove s'affaccia un gruppo di giovani, liberali e democratici, che offrono anche un bell'esempio di vita vissuta tra cospirazione e letteratura. Sotto la guida di Francesco De Sanctis poi daranno vita al movimento letterario e politico che il critico irpino definisce, appunto, "romanticismo calabrese" 26 che manifesterà il grado di maturità ideale e politica negli anni '48-60 e che vede, tra gli altri, impegnati Domenico Mauro, Biagio Miraglia, Giuseppe Campagna, Vincenzo Padula. Intanto il fronte liberale e democratico si allarga, in Calabria, tanto che la costituzione che il re di Napoli concede nel '48, convocando anche i comizi elettorali, non è altro che una presa d'atto, peraltro tardiva, della maturazione di nuove condizioni politiche. Il contenimento delle istanze democratiche e liberali che i Borboni contano di attuare ad elezioni concluse trova a Cosenza, dove vengono eletti al parlamento Domenico Mauro e Benedetto Musolino, l'immediata risposta del Governo provvisorio, presieduto da Giuseppe Ricciardi e in cui sono presenti anche il Musolino e il Mauro, mentre Biagio Miraglia dirige "Il Calabrese", organo d'informazione ufficiale. E' un momento di grande tensione ideale e politica, che vede l'esperimento di un governo liberale il quale però ben presto si rivelerà incapace di condurre a fondo la battaglia contro i Borboni, per l'articolata composizione sociale del gruppo dirigente. E' un mese denso di avvenimenti quello della metà maggio metà giugno del '48 a Cosenza 27 , durante il quale i massoni della città fondano il Circolo Nazionale con Tommaso Ortale, Domenico Mauro, Federico Anastasio, Francesco Federici, Biagio Miraglia, Pietro Salfi2' . A Castrovillari svolge regolarmente i suoi Lavori la Loggia "Lagana", con il sacerdote Raffaele Salerno, Muzio Pace, Carlo Maria Loccaso, mentre altre Logge e nuclei massonici lavorano a S. Demetrio Corone, a Lungro, a Spezzano Albanese, a S. Lorenzo, a Saracena, a Cassano, ad Amendolara, a Diamante e a Paola. Nella città di Catanzaro, Templi alla virtù si edificano nella Società Evangelica, con Domenico Angherà, i Greco, Gregorio Aracri, Eugenio De Riso 29 , mentre a Nicastro frequentano i Templi di Hiram, tra gli altri, Giovanni Nicotera e Francesco Stocco 30 . La Massoneria, in tutti i suoi Gradi, è ora manifestamente impegnata a sostenere l'esperimento rivoluzionario, assieme ai mazziniani, ai radicali come Musolino e Mauro e alle altre componenti del movimento liberale calabrese. La rivoluzione dura, però, appena un mese. Essa è l'unica del Meridione: la controrivoluzione, attuata con successo dal Borboni, non riesce a incontrare ostacoli consistenti, soprattutto sul piano militare, ma anche per l'incapacità dei governo Ricciardi di dominare il processo politico in corso. Musolino non sarà avaro di critiche nei suoi confronti, rivendicando a se stesso e al Mauro chiarezza di idee e di propositi non condivise dalle altre tendenze emerse nella rivoluzione calabrese. in cui prevale una tattica attendistica che apre la via ad un epilogo di segno repressivo e reazionario 31. |
||