Battaglie costituzionali, restaurazione borbonica, liberazione del Mezzogiorno (1806-1860) (da Hiram n. 2, febbraio 1986 - Soc. Erasmo, Roma) |
Il decennio napoleonico, durante il quale la Calabria passa sotto il dominio francese, che si conclude con la fucilazione di Gioacchino Murat a Pizzo Calabro nell'ottobre del 1815, è segnato dal ritorno al potere di molti di coloro che sostennero la repubblica napoletana del 1799. Tra di loro mancano non pochi elementi dei Clubs Giacobini come Pasquale Baffi di S. Sofia d'Epiro 1, Giuseppe Logoteta di Reggio Calabria 2 , Domenico Bisceglia di Donnici, Nicolò Carlomagno di Verbicaro, e altri. Erano tutti rimasti vittime della reazione borbonica seguita alla vittoria della controrivoluzione sanfedista del Cardinale Ruffo, "il gonfio prete di Nelson, un impasto di superstizione e di peccato", come lo definisce Oreste Dito 3 . Tante di queste vittime erano massoni, che nei Clubs Giacobini, egemonizzati fin dalla nascita nel 1793 dai fedeli di Hiram, come Laubergh, portavano l'esempio e l'insegnamento, se non di Antonio Jerocades, cui si deve tuttavia il sorgere della Libera Muratoria in Calabria 4 , di Francesco Saverio Salfi e di Gregorio Aracri, intellettuali di vasto impegno in cui la ricerca della luce della verità partiva dai condizionarnenti di un'educazione molinista, dalla quale si liberavano attraverso una puntuale contestazione dall'interno di quella cultura e di quella visione del mondo, facendo prevalere l'esigenza di un'intima e autentica religiosità 5 . La Massoneria in Calabria, come in tutto il Mezzogiorno, venne duramente perseguitata dai Borboni, sulla base anche del largo consenso che la monarchia di Napoli incontrava tra le masse, alle quali la Libera Muratoria veniva presentata come strumento dell'oppressione straniera, per di più condannata dalla Chiesa. Il ritorno dei Francesi con Murat si accompagna alla ricerca del consenso nel mondo delle sette, in seno al quale si individua un sostegno irrinunciabile col quale ripararsi dalle cospirazioni e dalle sommosse sempre possibili specialmente tra le forze armate. La Massoneria e la Carboneria sono le istituzioni che meglio possono svolgere il ruolo di difesa organica del potere nel Meridione: questo è il giudizio che ne danno i murattiani. "Fu una massoneria di maniera -riconosce Armando Dito, riprendendo un giudizio del padre 6 - formale, paralizzata dalla volontà napoleonica, che... ne fece la cariatide simbolica del suo cesarismo". Il giudizio è severo ma non può non essere condiviso, se è vero che è la Carboneria a incontrare il favore di quanti vogliono sottoporsi al duro esercizio della virtù nella verità. E tuttavia il tema dei rapporti massoneria-carboneria, con tutte le differenze di simboli e riti, in relazione alla loro proiezione nel politico, meriterebbe un diverso approfondimento. Bisognerebbe cioè indagare fino a che punto il dissolversi delle Logge massoniche nelle Vendite carbonare, sia dovuto ad un'autonoma scelta di diversa identità, o sia invece da riportare all'impossibilità di ancorare a lungo la Libera Muratoria ad un potere quale che sia, e in special modo ad un potere che fa del militarismo "più pomposo" (Dito) la base su cui edificare un consenso originariamente cercato col trinomio "Libertà, Uguaglianza, Fratellanza", cui i massoni di tutti i tempi conferiscono significati propri e in ogni caso alternativi a quelli che si realizzano in certi momenti della storia. Così come andrebbe indagata la ragione per cui il trinomio massonico viene sostituito nelle Vendite carbonare con quello di "Libertà, Uguaglianza, Patria", che non sia solo quella della valenza nazionalistica (limitata però alle regioni meridionali), intorno alla quale sarebbe dato registrare una sorta di convergenza con la pretesa propria del regno murattiano di legittimarsi come regno dell'Italia Meridionale, onde contrastare la posizione filoborbonica che agitava lo stesso tema. In ogni caso non è elusa l'esigenza di educare le masse al concetto di uno stato dell'Italia del Sud senza i Borboni, sicché, mentre la Massoneria si rivolge alle "classi elevate", la Carbonerla è diretta al "popolo". Ed Oreste Dito precisa che "mentre la Massoneria figge lo sguardo nel Grande Architetto dell'Universo... la Carboneria umanizzò una delle tante forme massoniche" 7 . Una valutazione questa che se da un lato elimina un possibile dualismo tra le due istituzioni dall'altro sembra formulata sulla scorta dell'interpretazione ricorrente nelle carte di polizia, come quelle pubblicate anni fa da Giuseppe Gabrieli sulla "Rivista Massonica" 8 . Una lettura secondo le linee proprie della storiografia massonica potrebbe portare a conclusioni non sempre coincidenti con l'ipotizzata equazione, di cui qui si è fatto cenno. Merita però di essere riletta quest'altra parte della valutazione di Oreste Dito: "La Massoneria è la mente che non si stanca mai e che dirige sempre; la Carboneria fu il braccio che ne plasmò il concetto: e mentre la Massoneria è universale ed eterna, la Carboneria fu particolare e temporanea" 9 . Sicché viene avvalorata l'ipotesi in base alla quale la Massoneria, per sua natura, rifiuta il contingente, su cui tuttavia agisce "umanizzandosi" in altre forme e con il tipo di impegno imposto dalle necessità dei momento. Alla Massoneria i Carbonari ricorrono per quella parte - aggiunge ancora il Dito - del simbolismo che meglio concorreva a scuotere i sentimenti dei popolo" e "visse soltanto il tempo necessario ad infondere negli uomini le virtù del cittadino e il sentimento della Patria" 10 . Ciò che si evince anche dalla formula del giuramento carbonaro, incentrato sulla difesa della Patria anche a costo della vita, mentre nei due Gradi della Carboneria, quello di Apprendista e di Maestro, il passaggio dal primo al secondo, detto viaggio al monte degli ulivi, ripete "le sofferenze, le atrocità, le prepotenze che la tirannide aveva fatto soffrire al Cristo, uomo e Dio" 11 . Il passaggio da un Grado all'altro è poi, come è noto, raggiungibile attraverso i quattro viaggi dalla Baracca alla Foresta, e ancora all'interno della Baracca, con una non secondaria differenza coi passaggi simbolici dell'iniziando attraverso gli elementi tutto all'interno del Tempio di Hiram. La spiritualità dell'iniziazione massonica, umanizzandosi nell'affiliazione carbonara, ricorre dunque ad una più accentuata "materialità", per ottenere l'adesione a riti in ultima analisi preparatori all'azione da svolgere al di là della Foresta. Un altro aspetto del problema è nella questione se si debba parlare di protezione della Massoneria sulla Carboneria o di controllo. "La Massoneria - osserva a questo riguardo Gabrieli - accoglieva ovviamente i galantuomini, mentre nella Carboneria troviamo i braccianti che non potevano certo battersi per un'Italia unita o per la repubblica, ma miravano unicamente alla terra di cui una buona parte era in mano proprio ai galantuomini" 12 . In tale interpretazione il concetto di popolo si arricchisce di soggetti sociali diversi da quelli contenuti nell'equiparazione del popolo al terzo stato, alla borghesia, propria del pensiero politico rivoluzionario francese, e prevalente anche in Italia per buona parte del secolo XIX. Per di più da quest'angolo visuale non sfugge che la Carboneria possa avere svolto una funzione di contenimento della jacquerie calabrese, in un tentativo, peraltro non riuscito, di conciliazione delle pretese padronali sulla terra e delle rivendicazioni contadine, nei confronti delle quali le leggi eversive della feudalità rimangono lettera morta, anche a causa della composizione sociale del murattismo (galantuomini, contadini poveri e braccianti, militari di vario grado). Le Vendite carbonare erano abbastanza diffuse in Calabria: ad Altilia, ad opera di Gabriele De Gotti, a Cosenza, dove troviamo l'Acherontea dei Bruzi, l'Equilibrio, il Soccorso; ad Aprigliano , S. Fili, S. Pietro in Guarano, a Paola, a S. Benedetto Ullano, a Pedace, a Zumpano, a Celico, a Rogliano, e ancora a Tessano e a Castelfranco, come a Catanzaro dove si ha notizia di due Vendite al pari di Reggio Calabria, e infine a Squillace, a Crotone, a Mesoraca, a Nicastro, a Maida, a Monteleone (oggi Vibo Valentia) e a Palmi, oltre che nel distretto di Gerace 13 . Nella Carboneria si ritrovano esponenti di non secondaria importanza provenienti dall'esperienza repubblicana del 1799, che a partire già da prima dei 1813, quando il conflitto con Murat appare ormai insanabile, rigettano la protezione francese in seguito all'atteggiamento decisamente antipopolare e repressivo assunto dal governo murattiano in Calabria. La Massoneria invece continua a sostenere il murattismo anche dopo la ormai constatata incapacità del governo di garantire l'applicazione delle leggi emanate a favore dei ceti più umili, come quelle del 1806 . La ripresa dei Lavori nelle Logge massoniche, mentre sul trono ritornano i francesi, prima con Giuseppe Bonaparte e poi con Gioacchino Murat, è fortemente condizionata alla volontà del potere, "tanto vero - rileva Armando Dito - che Gioacchino Murat ne era il Gran Maestro e Giuseppe Zurlo, Ministro degli Interni o come dicevasi della Polizia, Gran Maestro Aggiunto" 14 . Tale condizionamento induce a scegliere la Carboneria, per continuare a edificare Templi alla virtù. "Numerose le Logge in Calabria sotto il dominio napoleonico - narra ancora Armando Dito -: 'Allievi di Salomone', Pizzo, 'Alunni di Pitagora', Paola, 'Colonia Venetria', Stilo; 'Costanza Erculea', Tropea; 'Federazione Achea', Belvedere; 'Filantropia Ipponese', Monteleone (oggi Vibo Valentia); 'Filantropia Numestrana', Nicastro; 'Gioacchino I', Cosenza; 'Monti d'Ariete', Belmonte; 'Pitagorici Cratensi', Cosenza; 'Perfetta Armonia', Reggio; 'Umanità Liberale', Catanzaro; 'Virtù Trionfale', Bagnara; 'Virtù', Reggio; 'Zaleuco', Gerace; 'Valle della Viola', Mammola". 15 La rottura definitiva tra Carboneria e murattismo è segnata dalla impiccagione di Vincenzo Federici di Altilia, considerato il vero capo dell'Istituzione in Calabria, avvenuta nel 1813 ; e nei due anni successivi l'esaltazione dei sentimenti antifrancesi, in nome della difesa della patria, porta all'uccisione di Gioacchino Murat e alla restaurazione della monarchia borbonica a Napoli, senza che quest'ultimo fatto debba necessariamente presupporre un momento preferenziale della Carboneria, che in ogni caso non disdegna di sostenere le richieste della concessione della costituzione dei 1812, aprendo così una nuova fase nel processo di formazione dello stato nazionale in Italia. Borbonici e Francesi aiutano l'espansione della Carboneria, senza però riuscire nell'intento, alternativamente motivato, di servirsene come strumento di potere, sicché, secondo Oreste Dito, essa "per lo scopo educativo che seppe rivolgere alla completa rigenerazione del popolo, non formò borbonici, non formò francesi, ma seppe infondere ne' cuori dei montanari calabresi il sentimento nuovo della patria, e d'allora i Calabresi incominciarono a sentirsi italiani" 16 . |