L'epilogo del '48 in Calabria provoca la caduta verticale della tensione ideale e politica che aveva animato la regione. La diaspora dei capi della rivoluzione verso i luoghi dell'emigrazione politica priva la Calabria degli elementi necessari alla ripresa immediata della battaglia contro i Borboni. Corfù, Malta, Marsiglia, Parigi, e ancora Genova e Torino accolgono gli esuli calabresi che, specialmente negli stati sardi, hanno modo di ripensare alle esperienze del passato e di prepararsi a nuove e più dure prove per la libertà, l'indipendenza e la democrazia nella prospettiva unitaria e nazionale. Soprattutto a Genova gli emigrati politici calabresi compiono scelte decisive per il futuro del movimento liberale nel suo complesso. Qui i contatti con i capi della democrazia italiana, a cominciare da Agostino Bertani (in seguito a fianco di Adriano Lemmi), Carlo Pisacane, per finire a Mauro Macchi e Francesco De Sanctis, inducono i Musolino, i Miraglia, i Mauro, i Mileti e tanti altri a prendere atto della necessità di coniugare i temi della indipendenza e dell'unità con quelli della democrazia e della giustizia sociale 32 . Le proposte dei murattiani, nel 1855, per una soluzione tripartita della questione italiana (con un regno del Nord da affidare al Savoia, uno del Centro da assegnare al Papa e uno nel Sud da mantenere per il Murat con la protezione francese) incontra un vasto fronte di opposizione, in cui molti calabresi, massoni o vicini alla Massoneria, svolgono un ruolo di primo piano, a difesa del principio di nazionalità e di indipendenza, sotto la guida di Carlo Pisacane 33 anche se alcuni, come Stocco, non sono insensibili alle suggestioni della politica cavouriana connotata da una certa disponibilità verso il murattismo, articolata com'è e condizionata da rapporti internazionali che oggettivamente fungono da contenimento delle esigenze unitarie. Nicotera e Mileti, specialmente, premono per il ritorno immediato all'azione nel Mezzogiorno, in un confronto non sempre agevole con mazziniani, garibaldini e democratici avanzati come Musolino. La spedizione del Pisacane è da loro incoraggiata e sollecitata, mentre Bertani non nasconde le sue perplessità. Il Massone Nicotera è il calabrese più eminente al seguito di Pisacane, mentre Carlo Mileri (presente nella Massoneria napoletana post-unitaria), dopo il fallimento dell'impresa, si accosta al radicalismo di Bertani, divenendone il portavoce nel movimento garibaldino e in seguito nei primi anni di vita unitaria. Dopo il '57 il tema delle alleanze politiche necessarie per liberare il Mezzogiorno dal Borboni si svolge in direzione della partecipazione della democrazia italiana alla Società Nazionale col motto "Italia e Vittorio Emanuele", che segna la scissione, da tempo maturata, tra l'intransigenza mazziniana e la disponibilità garibaldina alla collaborazione con il Cavour e Casa Savoia. Intanto in Calabria il partito borbonico registra sensibili diminuzioni di consenso: molti proprietari terrieri, delusi dalla politica demaniale del governo di Napoli, ispirata a rozzo paternalismo, passano nelle file dei liberali, condizionando così fin dall'inizio l'esito finale dell'iniziativa garibaldina nelle regioni meridionali e, in particolar modo, in Calabria, finendo con l'egemonizzare il movimento liberale con comportamenti "gattopardeschi" 34 . La rivoluzione del '60 si configura così come il risultato delle spinte divergenti all'interno del movimento garibaldino. Nonostante i decreti di Garibaldi a favore dei contadini poveri, emanati in Sicilia e in Calabria (abbastanza incisivi quelli a favore dei contadini della Sila e dei Casali di Cosenza, dell'agosto del '60), 1 rapporti sociali nelle campagne non subiscono alcun mutamento, specie dopo la partenza del Generale per Napoli. A Cosenza il Governatore Generale da lui nominato, Donato Morelli (cui nel ventennio post-unitarlo verrà intitolata una Loggia massonica a Rogliano) vanifica gli effetti dei decreti garibaldini, chiamando a far parte del governo gli esponenti della grande proprietà terriera, come i Guzzolino. I massoni, a liberazione avvenuta, sostengono il plebiscito per l'annessione della Calabria al Piemonte, avviando anche la ripresa dei Lavori con le garanzie concesse dallo Statuto albertino, e partecipando così al rinnovamento della vita massonica, dopo la dispersione durante il periodo borbonico, che sarà avviata da Garibaldi con la sua Gran Maestranza del Supremo Consiglio di Palermo 35 . Fin dal 1860 , o poco più tardi, riprende i Lavori una delle due Logge esistenti a Cosenza al tempo di Gioacchino Murat, I Pitagorici Cratensi (l'altra era , come s'è detto, la Gioacchino I ). Essa assume la denominazione di Pitagorici Cratensi Risorti , ad indicare che delle due Logge del periodo murattiano quella dei Pitagorici era stata la meno esposta alla strumentalizzazione da parte del potere (ma il giudizio storico non concorda con tale valutazione). Ciò dovrebbe anche significare la volontà della Massoneria cosentina di risorgere all'insegna dell'autonomia e della libertà, per dedicare tutto il Lavoro d'Officina ai fini istituzionali della Libera Muratoria. Animatore de I Pitagorici Cratensi Risorti è Erennio Ponzio, priore di una confratemita religiosa (come il parroco Beniamino De Rose, massone e mazziniano) e personalmente impegnato, dal settembre al novembre del '60, a sostenere sulle colonne de "Il Monitore Bruzio", il giornale ufficiale del governo della Calabria Citra, le ragioni dell'annessione, per plebiscito, della Calabria al Regno del Piemonte 36 . Nel "Supplemento" del 13 ottobre pubblica un accorato lungo appello al clero cosentino per invitarlo a partecipare al plebiscito e convincere i fedeli cattolici a votare per il si, presentando la consultazione come un momento decisivo a favore della libertà e dello statuto, con Vittorio Emanuele 37 . Erennio Ponzio è da poco uscito dal carcere e col Grado 30, su incarico del Grande Oriente d'Italia, edifica la Loggia di cui si è detto, accogliendovi - come riferisce il Maestro Venerabile Alessandro Lepiane in un rapporto al G.O.I, del 1878 - "un buon numero di cittadini stimabili, la maggior parte perseguitati sotto il governo borbonico, che in quel tempo naturalmente avevano una influenza grande nel paese" 38 . Tutto sembra volgere al meglio per la Massoneria cosentina, che tuttavia non riesce ad impedire "l'ammissione di uomini indegni di appartenervi - scrive ancora Lepiane - ed entrati al solo fine di valersene come un mezzo e come una forza onde far fortuna nel mondo profano". In effetti l'esercizio della vita democratica nel primo ventennio postunitario a Cosenza, e, si può dire, in tutta la Calabria, vede il concorso di forze politiche nuove, come il movimento operaio, sia pure egemonizzato da borghesi, specie nelle società operaie di Mutuo soccorso 39 e il movimento cattolico, cui la Libera Muratoria, in una prima fase almeno, apporta il contributo notevole dei grado di perfezionamento morale raggiunto nelle Officine. Epperò la corruzione e l'arrivismo che, specialmente dagli anni '70 in poi, connoteranno la lotta politica locale, non vedono immune, soprattutto a Cosenza, la stessa Massoneria, alla quale chiedono ipocritamente la Luce elementi che ben presto -denuncia ancora Lepiane, "prostituirono la Famiglia massonica cosentina, rovinarono il paese con una amministrazione gretta e partigiana, sfatarono i loro Fratelli onesti" 40 . Tale durezza di linguaggio, che in ogni caso riflette le reali condizioni della Libera Muratoria cosentina, è dovuta anche all'incarico commesso dal Grande Oriente al Venerabile Lepiane di riferire sulla situazione della Massoneria a Cosenza, che il 7 ottobre dei 1874 costruisce la Loggia Bruzia, su iniziativa di Pietro De Roberto, la quale viene riconosciuta il 3 dicembre dello stesso anno. La "Pitagorici Cratensi Risorti" non manca di protestare e di ostacolare il sorgere della Loggia del De Roberto, e nell'agosto del 1875 Mariano Maresca 33 , Presidente della Sezione Concistoriale di Napoli, scrive ad Erennio Ponzio che la Loggia da lui precedentemente costruita deve essere demolita, "perché composta di elementi intinti di delitti e colpe, e alcuni erano stati sottoposti a giudizio profano e condannati" 41 . A questo punto i Pitagorici Cratensi Risorti decidono di uscire dal Templi di Hiram e di rivolgersi a Catania, dove si pratica il culto della Madre Potenza di Rito Egiziano, ottenendo di costituire a Cosenza una Madre Loggia Provinciale. Inoltre, secondo Lepiane, scelgono di atteggiarsi a repubblicani, ingaggiando una persistente campagna diffamatoria contro gli ex Fratelli massoni. Si apre così il tormentato capitolo della Massoneria a Cosenza dopo l'Unità, mentre a Catanzaro, nel 1864, si edifica la Tommaso Campanella, "per preparare la gioventù ad una nuova guerra contro l'Austria per la conquista di Venezia..." 42 . A Reggio Calabria la Massoneria, dipendente dal Supremo Consiglio di Palermo, tra il 1863 e Il 1870, è impegnata contro il "movimento borbonico-clericaletemporalista -, specie con la Loggia Domenico Romeo, capo della rivolta del 1847 43 . Una storia quella della Massoneria in Calabria, prima e dopo l'Unità, in cui è dato rilevare "la reciprocità necessaria" (Mola) tra Iniziazione massonica e impegno politico per la conquista della libertà e dell'indipendenza prima e per la difesa e l'espansione della democrazia dopo il 1860. Per essa il giudizio storico, specie degli storici massoni, non può ovviamente esprimersi in termini apologetici o di condanna, come non può delineare piste preferenziali tra i Lavori di Loggia trasformati in fenomeni socio-politici, ma va riferito al difficile tema della "secolarizzazione" della Libera Muratoria, senza perdere di vista "i dettati delle Costituzioni di Andersen" che vietano l'esercizio della politica nelle Officine, e senza peraltro trascurare che ''In molti casi - (come quello di cui ci siamo occupati, n.d.a.) - nota ancora Aldo A. Mola - proprio l'organizzazione massonica fu il più efficace veicolo di politicizzazione, cioè di educazione ai princìpi ideali presupposti e costitutivi dei 'programmi , di partito" 44 . |