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SCHEDA SULLA
CARBONERIA

La ricerca storica non ha ancora sufficientemente illuminato le origini della carboneria, anche perché gli stessi carbonari amarono circondarle di mistero, e favoleggiarono di una remota fondazione francese della società, cui non sarebbe stato estraneo Francesco I. L'ipotesi più attendibile è che essa derivi dagli charbonniers della Franca Contea, antico compagnonnage di carbonai, boscaioli e contrabbandieri, che intorno al 1800 subì l'influenza dei filadelfi; dopo il 1806 alcuni filadelfi, recatisi nel regno di Napoli come ufficiali o funzionari al servizio di Giuseppe Bonaparte e di Murat, vi avrebbero introdotto la carboneria, per avere una organizzazione subordinata di facile diffusione tra le masse.

La società si propagò rapidamente nell'Italia meridionale, innestandosi a volte su preesistenti logge massoniche di tipo scozzese; essa reclutò i suoi adepti soprattutto nelle file dell'esercito e tra la borghesia delle province, delle cui ancor vaghe aspirazioni patriottiche e costituzionali si fece espressione. La carboneria riuscì a penetrare anche tra gli strati popolari; e al suo successo in questa direzione non furono estranei il rituale e il simbolismo di tipo cattolico da essa adottati (culto di san Teobaldo - simbolo della lotta dell'uomo libero contro i tiranni - e della passione di Cristo), che le permettevano di fare leva sul sentimento religioso delle masse meridionali.

I membri della carboneria si chiamavano buoni cugini ed erano organizzati in sezioni, chiamate vendite, raggruppate territorialmente sotto la direzione di vendite madri, dipendenti a loro volta da alte vendite. I gradi di iniziazione furono dapprima due, apprendista e maestro, cui si aggiunse dopo qualche anno quello di gran maestro.

L'ammissione ai vari gradi e la vita interna erano regolate da rituali complicati e carichi di simboli (giuramenti, parole di passo, segni convenzionali, ecc.); i principi dottrinali, rituali e organizzativi erano contenuti nei catechismi, diversi per i vari gradi; mentre infatti quelli del primo grado non andavano al di là di un generico e vago umanitarismo (diritti di natura, ecc.), quelli dei gradi superiori avevano un più netto contenuto politico (costituzionalismo, indipendenza, e in alcuni casi repubblica).

Sottoposta nel suo periodo iniziale alla contrastante influenza di Murat (che intendeva farne un suo strumento di governo) e degli inglesi e dei Borboni (che volevano servirsene in funzione antinapoleonica), dopo il ritorno a Napoli di Ferdinando IV (1815) la carboneria raccolse nelle sue file i gruppi della borghesia provinciale che aspiravano a un regime costituzionale, e divenne quindi antiborbonica, configurandosi in sostanza come un partito liberale clandestino. La società raggiunse il suo massimo sviluppo nel 1820, quando diede la spinta decisiva alla rivoluzione napoletana del luglio, senza riuscire peraltro a conservare la direzione del movimento, che passò fin dai primi giorni agli uomini del gruppo murattiano. Negli anni immediatamente successivi al 1815 la carboneria si diffuse progressivamente, attraverso le Marche e la Romagna, nell'Italia settentrionale, stabilendo contatti con le organizzazioni settarie ivi preesistenti (adelfi, federati, sublimi maestri perfetti), che dipendevano in parte dal Buonarroti; ed è appunto a questi rapporti che vanno fatti risalire i rivoli egualitari (legge agraria) che caratterizzarono qualche catechismo carbonaro del periodo.

La rete settaria della carboneria acquistò una particolare consistenza nelle Marche e in Romagna, dove diffuse alcuni giornali clandestini (Quadragesimale italiano, Illuminatore) e preparò nel 1817 un tentativo insurrezionale a Macerata (undici condanne al carcere a vita). Quanto al Lombardo-Veneto, la scoperta (novembre 1818) delle vendite di Fratta Polesine e di altri centri della provincia di Rovigo portò al processo chiusosi (maggio 1821) con la condanna allo Spielberg di tredici imputati (F. Foresti, F. Oroboni, ecc.); alla fine del 1820 l'arresto di Piero Maroncelli e di Silvio Pellico mise poi la polizia austriaca sulle tracce dell'organizzazione carbonara in Lombardia (condanne allo Spielberg dell'agosto 1821). La carboneria estese infine sue propaggini anche in Piemonte, pur se la partecipazione alla rivoluzione del 1821 fu meno rilevante di quella della federazione.

Entrata in crisi dopo il fallimento delle rivoluzioni del 1820-1821 e le repressioni che ne seguirono, la carboneria ebbe una breve fase di ripresa quando Mazzini (che aveva aderito nel 1829 alla vendita genovese diretta da Antonio Passano) cercò di infonderle uno spirito più moderno e si adoperò per la sua diffusione in Lombardia e in Toscana. Ma l'arresto del Mazzini (novembre 1830) e la successiva creazione della "Giovine Italia" (1831) scompaginarono nuovamente le file dell'associazione. E sostanzialmente poco fortunato fu anche il tentativo operato dal Buonarroti dopo il 1831 di fare della carboneria una delle ruote del suo complesso meccanismo settario (carboneria riformata, poi carboneria democratica riformata). Il declino dell'associazione è del resto confermato dalla parte del tutto secondaria da essa svolta in occasione dei moti dell'Italia centrale del 1831.

La carboneria, intorno al 1820, si diffuse anche in Francia, provocando i tentativi insurrezionali del generale Berton, del colonnello Caron e la cospirazione dei quattro sergenti della Rochelle.

A CURA DE LA MELAGRANA NET
Tratto da CARBONERIA - http://www.carboneria.it